Se è vero che gli estremismi non aiutano mai, è dimostrato scientificamente (leggete qui: European Food Information Council) che ciò che una donna in attesa mangia influenza direttamente quelle che saranno le preferenze alimentari del suo bebè. Che formerà buona parte dei suoi gusti nei primi mesi di vita attraverso il latte materno e successivamente con il periodo di svezzamento e di condivisione della cultura familiare. Come dire il gusto nasce in culla, anzi prima.
Formare le basi nei primi anni
Ho sempre creduto che i primi anni di vita fossero fondamentali per sviluppare curiosità e capacità di apprezzare certi alimenti al posto di altri. Certo poi arriva l’asilo, la scuola e l’impatto con gli altri. Tuttavia se le basi ci sono tutto risulta più facile. Posso dire che con Alice, ormai quasi alla fine della scuola materna, il percorso si sta dimostrando corretto. Certo ci sono i momenti di rifiuto delle novità, tipico nel periodo fra i 2 e 3 anni: la chiamano elegantemente neofobia o “ora faccio arrabbiare la mamma, e pure il papà e la nonna se passa di qui”:-). La riproposta dello stesso piatto più volte a distanza di tempo, la combinazione con situazioni o ingredienti che lei ama ha sempre contribuito a superare il primo “no”.
Il gusto nasce in pancia
Un anno fa, quando aspettavo Lea, ho scoperto, scorrendo studi recenti, che possiamo influenzare il nostro piccolo già nella pancia. Attraverso le nostre abitudini, i sapori che amiamo, gli ingredienti che utilizziamo di più. C’è il DNA, i geni, ma ci siamo anche noi che possiamo plasmare e formare. E, in effetti, a ripensarci adesso, ci deve essere una ragione se ho due bimbe con un’autentica passione per le carote, avendo io trascorso buona parte delle gravidanze a sgranocchiarne (uhm, c’era anche altro, ma diciamo che le carote c’erano una volta sì e l’altra anche).
La dieta della mamma influenza il gusto del liquido amniotico e certi cibi modificano il sapore del latte: anche in questo modo il bambino scopre il mondo e la cultura alla quale appartiene.
Il gusto va allenato sul cucchiaino
In questi primi mesi di svezzamento ci sono stati dei momenti in cui Lea ha rifiutato i primi assaggi di qualche alimento. Non ho insistito in quel momento, ma ci ho riprovato dopo qualche giorno. Perché offrire una scelta più varia possibile nel piatto non è solo una questione di sviluppo di capacità digestive (ok, questo può mangiarlo quest’altro no) ma soprattutto lo strumento per introdurre il nostro bambino a un mondo di sapori infinito. O quasi. Il fattore genetico esiste (in famiglia abbiamo tutti una gran passione per pomodori, lamponi, cioccolato fondente e anguria:-)) ma l’educazione conta altrettanto, se non di più. Il gusto va allenato e l’allenamento sta in quello che mettiamo oggi sul suo cucchiaino. Leggi tutte le puntate dell'agenda dello svezzamento
L'autrice dell'articolo e la fotografa

Le foto sono di Cevì (Cecilia Viganò), artista, fotografa e illustratrice diplomata all'Accademia di Brera.
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