La Cassazione di Torino ha sancito che una struttura ospedaliera di Alessandria dovrà procedere al risarcimento di un padre che, 17 anni fa, si è trovato "costretto" a crescere una figlia non desiderata a causa di un aborto mal eseguito.
La vicenda risale al 2001. Una coppia piemontese aveva scoperto, loro malgrado, di aspettare una figlia. Dopo qualche settimana però, i medici che stavano seguendo il caso diagnosticarono alla moglie un aborto interno, condizione che richiese una procedura di raschiamento che però venne male eseguita.
Nel corso degli accertamenti successivi infatti ci si accorse che non solo che l'aborto non aveva avuto luogo, ma che pure il raschiamento era stato inefficace, in quanto il feto si era già perfettamente formato. A quel punto però il limite delle ventunesima settimana era già stato superato e i due coniugi dovettero portare a termine la gravidanza.
I due genitori avevano già cresciuto un figlio e, alla luce dell'età già avanzata e delle condizioni economiche non felicissime, volevano evitare l'incombenza di trovarsi un'altra creatura da accudire. Dopo la nascita della bimba infatti, la madre fu costretta a lasciare il proprio impiego per badare alla piccola, mentre il padre dovette cambiare lavoro e trasferirsi insieme a tutta la famiglia.
La battaglia legale
Questo fulmine a ciel sereno sconvolse totalmente la vita della coppia, la quale decise di adire per vie legali. Alla mamma venne riconosciuto dall'assicurazione dell'ospedale un risarcimento di 125mila euro, mentre sia il Tribunale di Alessandria nel 2012, sia la Corte d'Appello nel 2013 respinsero le richieste del padre, in quanto "non era stato dimostrato né che egli avesse effettivamente osteggiato la gravidanza, né che anche la madre della bambina avesse espresso alcuna intenzione di abortire".
In sede di Cassazione però il padre è riuscito ad avere ragioni di tutte le gravi conseguenze che l'avvento di un nuovo membro della famiglia aveva comportato sulla sua vita e su quella della moglie, riuscendo infine a vedersi accolto il ricorso.
Ora dunque anche il papà dovrà essere indennizzato in quanto, a sentire le ragioni della Cassazione «il padre deve considerarsi tra i soggetti 'protetti' e, quindi, tra coloro rispetto ai quali la prestazione mancata o inesatta è qualificabile come inadempimento, con il correlato diritto al risarcimento dei conseguenti danni, immediati e diretti, fra i quali deve ricomprendersi il pregiudizio di carattere patrimoniale derivante dai doveri di mantenimento dei genitori nei confronti dei figli».
FONTI: Repubblica, La Stampa
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