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Infertilità: sono realtà i primi ovociti umani sviluppati in laboratorio

di Irma Levanti - 16.02.2018 - Scrivici

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Fonte: Sebastian Kaulitzki / Alamy / IPA
Oggetto di studio da decenni, finalmente si è riusciti a creare in provetta ovociti umani maturi e pronti per la fecondazione. La tecnica deve ancora essere ottimizzata e sottoposta a verifica, ma si tratta di un risultato importante, che potrebbe aprire la strada a nuovi trattamenti contro l'infertilità

In questo articolo

Per molto tempo riuscire a coltivare in laboratorio ovociti umani maturi e pronti per la fecondazione è sembrato un traguardo irraggiungibile, e invece il sogno è diventato realtà.

Un gruppo di ricercatori dell'Università di Edimburgo ha annunciato di essere finalmente riuscito a ottenere ovociti maturi a partire da strutture dell'ovaio in una fase di sviluppo molto primitiva.

L'annuncio, dato dalle pagine della rivista Molecular Human Reproduction, è di quelli così importanti da poter essere definiti rivoluzionari. Sia perché effettivamente ci si lavorava, senza successo, da almeno 30 anni. Sia perché il risultato apre nuove prospettive nell'ambito della preservazione della fertilità e dei trattamenti per l'infertilità.

Il contesto: come funziona normalmente la produzione di ovociti


La produzione di ovociti maturi è un processo piuttosto complesso. Già alla nascita, ogni donna possiede un corredo completo di ovociti (le cellule uovo), localizzati all'interno delle sue ovaie.

Si tratta di cellule immature, racchiuse ciascuna in piccole strutture chiamate follicoli, a loro volta immaturi. A partire dalla pubertà, ogni mese un gruppo di follicoli - e dunque di ovociti - prosegue nel suo sviluppo, fino ad arrivare alla maturazione completa.

Il passaggio conclusivo di questa maturazione consiste in un processo chiamato meiosi che porta la cellula uovo a dimezzare il proprio numero di cromosomi: da 46 a 23. Ecco: la cellula con queste caratteristiche è finalmente pronta per la fecondazione e viene rilasciata dal follicolo nella tuba di Falloppio.

I risultati dello studio


A lungo vari gruppi di ricerca hanno tentato di riprodurre questo complesso processo in laboratorio. Risultati positivi erano stati ottenuti nel topo, ma non con cellule umane. Ora, però, anche questo traguardo è stato raggiunto.

L'équipe guidata da Evelyn Telfer, della Scuola di scienze biologiche dell'Università di Edimburgo, è riuscita a ricreare in laboratorio le condizioni ottimali per far sviluppare alcuni follicoli immaturi - tecnicamente si parla di follicoli primordiali - fino a ottenere ovociti completamente maturi. La tecnica ha previsto alcuni step fondamentali.

Primo step: i follicoli primordiali sono stati prelevati dal tessuto ovarico di una decina di donne volontarie, durante parti cesarei programmati per ragioni mediche.

Secondo step: i frammenti di tessuto sono stati trasferiti in piccoli contenitori contenenti un liquido con una miscela di sostanze - antibiotici, ormoni, proteine - sviluppata appositamente per far maturare i follicoli.

Terzo step: i follicoli che avevano raggiunto uno stadio successivo di maturazione (follicoli secondari) sono stati trasferiti in altri contenitori, con un nuovo liquido di coltura.

Quarto step: dai follicoli finalmente maturi sono state prelevate cellule uovo pronte per l'ultimo passaggio: la meiosi. In alcuni casi è stata effettivamente osservata l'avvenuta meiosi.

I prossimi passi della ricerca


Per quanto significativo, il risultato ottenuto non è certo un punto di arrivo, ma solo un punto di partenza.

Tanto per cominciare, tutto il processo va ottimizzato, considerato che solo il 10% circa dei follicoli raccolti ha dato origine a cellule uovo mature. In secondo luogo, bisogna capire se gli ovociti ottenuti sono effettivamente sani, se possono essere fecondati con successo e, in questo caso, se gli embrioni ottenuti sono sani a loro volta. Tutti passaggi che complessivamente richiederanno anni di lavoro.

Le prospettive nell'ambito della fertilità


L'entusiasmo della comunità scientifica e medica, comunque è grande. Sia perché riuscire a riprodurre il processo in laboratorio significa avere strumenti in più per studiarlo meglio, e dunque per mettere a punto nuovi trattamenti per condizioni come l'insufficienza ovarica.

Ma non solo. Secondo gli autori stessi della ricerca, una delle applicazioni più promettenti potrebbe essere nell'ambito della preservazione della fertilità per donne e ragazze che si devono sottoporre a trattamenti medici che potrebbero comprometterla, come la chemioterapia per un tumore.

In questi casi si tratterebbe di un'opzione in più, che si aggiunge a quelle già esistenti, cioè prelievo di ovociti e di tessuto ovarico: entrambe ottime strategie, ma con alcuni limiti.

Altre applicazioni potrebbero invece riguardare i trattamenti per l'infertilità. Per esempio l'ottimizzazione delle tecniche di fecondazione in vitro, considerato che molti degli ovociti raccolti dopo stimolazione ovarica non sono in realtà adeguatamente maturi.

In questi casi, la maturazione potrebbe proseguire in vitro, fino al momento opportuno per la fecondazione.

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