Negli ultimi 25 anni la mortalità infantile è dimezzata. A dirlo è il nuovo rapporto “Levels and Trends in Child Mortality 2015”, pubblicato da Unicef, Oms, Banca mondiale e la Divisione Popolazione dell’Undesa.
In particolare, si legge nel rapporto, sono scesi i decessi dei bambini sotto i cinque anni: da 12,7 milioni all'anno nel 1990 ai 5,9 milioni nel 2015.
Si tratta di un'ottima notizia anche se nell'Millennium Development Goals, cioè la carta con gli obiettivi che i Paesi membri dell'Onu si sono impegnati a raggiungere per quest'anno, si auspicava di ridurre la mortalità del 75%, cioè di due terzi.
Infatti, sono ancora troppi i bimbi sotto i cinque anni che muoiono ogni giorno: 16.000. E quasi la metà dei decessi avviene nei primi giorni di vita.
Le cause di morte sono: prematurità, polmonite, complicazioni durante il travaglio e il parto, diarrea, sepsi, malaria. Quasi la metà sono associate alla malnutrizione.
Il Rapporto evidenza inoltre che la sopravvivenza di un bambino è molto legata al luogo di nascita.
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Il triste primato della mortalità infantile spetta all'Africa sub-sahariana con 1 bambino su 12 che muore prima del suo quinto compleanno, più di 12 volte superiore alla media di 1 su 147 nei Paesi ad alto reddito, basti pensare che in Angola muoiono 254 bambini ogni 1000 nati e in Islanda meno di 3 ogni 1000.
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"Dobbiamo riconoscere enormi progressi a livello globale, soprattutto dal 2000, quando molti Paesi hanno triplicato il tasso di riduzione della mortalità sotto i cinque anni" ha detto il vice direttore dell’Unicef Geeta Rao Gupta.
Quello di ridurre la mortalità infantile dei due terzi è dunque un obiettivo possibile, basti pensare che ce l'hanno fatta Paesi a basso reddito come Etiopia, Liberia, Malawi e Ruanda.
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