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Sì del tribunale all'impianto di embrioni congelati in una 50enne vedova

di Concetta Desando - 10.02.2015 - Scrivici

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Fonte: Contrasto
Il Tribunale civile di Bologna ha dato il via libera all'impianto in una donna di 50 anni degli embrioni congelati 19 anni fa, anche se il marito è morto quattro anni fa. Una decisione che sta facendo discutere  

Il Tribunale civile di Bologna ha dato il via libera all'impianto in una donna 50enne degli embrioni congelati 19 anni fa, anche se il marito è morto nel 2011. In primo grado la richiesta della donna era stata rigettata, ma ora è stato accolto il ricorso e i giudici hanno ordinato al Policlinico Sant'Orsola di provvedere all'impianto degli embrioni prodotti con fecondazione assistita nel 1996 (prima, cioè, che entrasse in vigore la legge 40) e da allora crioconservati.

 

I giudici, nell'ordinanza, fanno riferimento proprio alla legge 40 del 2004 (che vieta in Italia la crioconservazione di embrioni, se non quando la donna, dopo la fecondazione, non possa procedere all'impianto per gravi motivi di salute), sottolineando come "in caso di embrioni crioconservati, ma non abbandonati, la donna ha sempre il diritto di ottenere il trasferimento". (Se vuoi sapere di più sulle tecniche di fecondazione assistita leggi la Guida dalla fecondazione naturale alla procreazione assistita)

 

La coppia, residente nel Ferrarese, si era rivolta nel 1996 al centro di fecondazione assistita dell'ospedale, ma l'impianto non era riuscito e otto embrioni non impiantati erano stati congelati. Successivamente, il marito si era ammalato e la coppia non aveva più tentato di avere figli, confermando però di anno in anno la volontà di mantenere gli embrioni. Finché, dopo la morte del marito, la donna si è nuovamente rivolta al centro di procreazione medicalmente assistita chiedendo l'impianto. (Speciale fecondazione assistita)

 

Ma nonostante il nulla-osta del comitato di bioetica, la direzione ospedaliera ha negato l'impianto per via di un'interpretazione della legge 40 secondo cui entrambi i genitori devono essere vivi per procedere. Da qui il ricorso in tribunale, con il primo "no" a febbraio 2013 e, quindi, il reclamo ora accolto dai giudici. Che spiegano anche come non è possibile "attendere il normale esito di un procedimento civile ordinario, stante la sua lunga durata" per via dell'età avanzata della donna, dell'incertezza dei risultati della fecondazione assistita e delle maggiori difficoltà causate proprio dall'età.

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